Il nuovo livello del fabbisogno sanitario nazionale, che rappresenta il finanziamento complessivo della sanità pubblica e di quella accreditata in Italia, è stato da ultimo fissato dalla legge di Bilancio 2022 (L. n. 234/2021) in 124.061 milioni di euro per il 2022, 126.061 milioni per il 2023 e 128.061 milioni per l’anno 2024, questi sono i dati che  si possono rilevare dal sito della camera dei deputati https://temi.camera.it.

Il costante aumento dei costi nelle casse dello Stato in periodi di regressione come quelli che stiamo vivendo, comporta inevitabilmente delle conseguenze di insostenibilità e ricadute che si riflettono negativamente sulla qualità dei servizi assistenziali  sul territorio, con una sostanziale aumento della spesa sanitaria privata.

La spesa sostenuta direttamente dal privato cittadino nel  2019 è di circa 40,2 MLD di euro, anche di riflesso per le lunghe liste d’attesa della ordinaria sanità, non di emergenza, per visite specialistiche e per gli interventi chirurgici:

  • 39% visite specialistiche
  • 30% interventi di chirurgia
  • 21% esami diagnostici
  • 10% chemio e radioterapia

Fonte: elaborazione Banca IFIS su risultati delle ricerche del Censis.

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Welfare collettivo nazionale

Il legislatore ci viene però incontro con forme di welfare integrativo che poggiano la loro valenza su interessanti aspetti di fiscalità.

Prendiamo in considerazione per esempio il welfare collettivo aziendale per cui con dei vantaggi fiscali e contributivi per i dipendenti e per l’azienda a cui appartengono, l’Articolo 51 del TUIR Testo Unico delle Imposte e dei Redditi , modificato, stabilisce:

COMMA 2 lett. A – Non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente:

  • i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge;
  • i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, che operino negli ambiti di intervento stabiliti con il decreto del Ministro della salute di cui all’articolo 10, comma 1, lettera e-ter), per un importo non superiore complessivamente ad euro 3.615,20.

In buona sostanza il contributo versato per l’assistenza sanitaria privata del Lavoratore fino a € 3.615,20 a una cassa mutualistica non concorre a quantificare il  suo reddito IRPEF, per cui non ci si pagano sopra le tasse, e a carico del Datore di Lavoro rimane solo un onere contributivo ridotto del 10%.

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Un esempio pratico concreto

Nell’autunno del 2022, una nostra azienda cliente di Como ha stipulato un vantaggioso accordo per i propri dipendenti. È bene porre l’attenzione sul fatto che entrambe le parti (azienda e dipendenti) ottengono un beneficio: il dipendente recupera la spesa sanitarie sostenute e l’azienda offre questo vantaggio al proprio dipendente.
 
Per arrivare all’accordo, sono stati organizzati incontri tra azienda e sindacati che, attraverso una trattativa, sono giunti ad un risultato positivo; nella fase di contrattazione le parti hanno stabilito quali siano i servizi sanitari e le forme di contribuzione per aderire alla copertura: ad esempio, è possibile decidere se estendere anche allo stesso nucleo familiare lo stesso servizio. O se coinvolgere solo gli amministratori, i dirigenti o i dipendenti.
 
Ovviamente, maggiore sarà il numero di persone da assicurare in forma cumulativa, e minore sarà il costo per ogni singola copertura.

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